Cosa c’è di più semplice di una fetta di pane? Il pane non mente, gioca a carte scoperte e ti racconta la sua storia col profumo, la consistenza, un paio di morsi. Francesco Arena, Bakery Chef messinese, col pane ha imparato a parlarci presto. La sua famiglia, da tre generazioni è un punto di riferimento in città con il panificio Masino Arena. Fu la nonna Teresa ad aprire l’attività nel 1939. Poi nel ’70 subentrò il papà di Francesco, Masino che negli anni ha trasmesso al figlio i segreti dell’arte bianca.
- Quando hai capito Francesco che questa era la tua strada? Hai un’immagine, un profumo o un sapore che associ alla scoperta di questa passione?
“A casa mia la merenda si faceva con l’infornata delle 16.00, pane caldo e olio di casa. I miei ricordi di bambino prima e ragazzino dopo si dividono tra casa della nonna e laboratorio e sono tutti in qualche modo legati al profumo del pane appena sfornato, alla magia della farina che si trasforma in impasto e cresce nel forno. Ma non è andata come credi. Papà non ci pensava proprio ad insegnarmi il mestiere e quando gli comunicai che volevo lavorare con lui non la prese tanto bene. Ricordo anche il momento esatto: fu dopo il primo esame alla facoltà di ingegneria, un disastro, riuscii persino a litigare col professore il giorno prima. E ricordo anche le parole di mio padre: “Si comincia alle tre stanotte”. Furono le ultime di un lungo periodo durante il quale iniziai a lavorare al panificio con turni e orari di lavoro non facili. I miei amici uscivano, si divertivano, io restavo in laboratorio. Mio padre mi voleva mettere alle strette, farmi capire che il mestiere che mi stavo scegliendo significava sacrificio. Ma a me stare con le mani in pasta piaceva tantissimo e ho tenuto duro. Sai io sono testardo e caparbio, ho la testa dura”.
Francesco Arena frequenta il corso di alta formazione per panificatore di CAST alimenti con Piergiorgio Gorilli, fondatore e presidente onorario del Richemont Club Italia per il quale supera l’esame di ammissione nel 2016 e di cui oggi è socio. Nello stesso anno, è Bakery Chef ufficiale allo stand Sicilia del Salone del Gusto di Torino. Nel 2019 Cronache di Gusto gli riserva il premio Best in Sicily e oggi Francesco Arena è considerato Ambasciatore del Gusto. I suoi prodotti scalano velocemente le classifiche nazionali, il panificio Masino Arena appare su guide specializzate. La Repubblica inserisce la bottega di famiglia nelle <Botteghe del Gusto> di Guida ai Sapori e ai Piaceri della regione Sicilia, Gambero Rosso assegna al bakery chef messinese <due pani>.
- La tua notorietà cresce in maniera direttamente proporzionale alla tua passione per la Sicilia e i suoi prodotti. Quando hai capito che il binomio Sicilia/Francesco Arena era imprescindibile?
“Siamo siciliani, viviamo su un’isola e so che mi capisci quando dico che il nostro è un mondo a parte, un sentire <diverso>. La Sicilia è una terra spettacolare di cui sono innamorato. La sua biodiversità, importante, unica al mondo, è una risorsa preziosa. Certo, crescere con la Sicilia è una scommessa e in molti credono non sia possibile. Io sono la dimostrazione che non è così. Sin dal principio ho puntato tutto sul brand Sicilia partendo dallo studio e dalla riscoperta dei grani antichi di Sicilia, dalle vecchie tecniche di lavorazione del pane e la Sicilia ha risposto offrendomi la sua biodiversità, rivelandomi eccellenze e prodotti di nicchia”.
- Hai appena detto <crescere con la Sicilia>…
“Proprio così. Perché per me essere Ambasciatore del Gusto significa dare valore al mio lavoro valorizzando la mia terra, far sì che se ne parli, che i suoi prodotti vengano apprezzati. E tutto ciò mi dà gioia e mi rallegra il cuore”.
- E come scegli di volta in volta le materie prime? Come ti muovi sul territorio?
“Ti ho già accennato allo studio dei grani antichi di Sicilia. Ecco, il mio lavoro è frutto di una ricerca che non si ferma mai e il viaggio mi è indispensabile. Muovermi sul territorio mi apre la mente. C’è poi una cosa che non deve mai mancare ed è il confronto con gli altri, specie con chi il prodotto lo conosce bene davvero. Ti faccio un esempio. Te lo ricordi il panettone Salina che proposi un paio di anni fa?”.
- E come si fa a dimenticarlo. Una tipicità tutta italiana che profuma di Sicilia e di cui ha parlato Dove Viaggi Corriere, Cucina Italiana…
“Mi fa piacere che ti sia piaciuto! – ride – Per il panettone Salina ho scelto tre ingredienti che lo hanno reso speciale: la mandorla di Avola, la Malvasia delle Lipari in cui aromatizzo l’uva passa e i capperi canditi di Salina. Me li prepara Daniela Virgona, un’altra grande pazza come me, innamorata della sua Salina ed esperta conoscitrice delle eccellenze dell’isola. Ne è venuto fuori un prodotto unico verso cui inizialmente in tanti hanno tentennato – il cappero nel panettone? – ma è bastato assaggiarlo per innamorarsene.
Poi lo scorso Natale è arrivata l’ultima versione, il panettone con l’aggiunta di Marsala Targa Riserva 1840 Florio, prodotto da uve Grillo e affinato per sette anni in botti di rovere di Slavonia. L’ingrediente principale di questo panettone è un altro must tutto siciliano: il cioccolato di Modica. E anche in questo caso è stato fondamentale l’aiuto di uno che il cioccolato lavorato a freddo lo conosce bene, Innocenzo Pluchino, fondatore di Ciomod. Tutti a dirmi che no, il cioccolato di Modica in cottura non andava bene, che era un azzardo. E’ stato Innocenzo Pluchino a trovare la soluzione, a studiare una versione resistente alle alte temperature.
Ti ripeto Benedetta: tanto studio, ricerca ma soprattutto confronto”.
- Lavoro di squadra quindi. D’altronde hai scelto di collaborare con altre due eccellenze messinesi: Pasquale Caliri, chef Alma, membro Euro-Toques Italia e Federazione Italiana Cuochi, personaggio icona del Marina Nettuno Yachting Club; Lillo Freni, rappresentante dell’alta pasticceria messinese, <due torte> nella guida del Gambero Rosso per il suo Bar Gelateria Pasticceria Freni. Con loro hai preso parte ai maggiori eventi mediatici del settore negli ultimi tempi, promuovendo la <sicilianità> come patrimonio da tutelare e preservare.
“Con Lillo e Pasquale condivido un’amicizia fraterna e uno scambio costante, quotidiano, dal quale io attingo moltissimo. La preparazione di Lillo per le materie prime è eccezionale e per me basilare. E poi c’è Pasquale, con la sua flemma, la sua filosofia, è uno chef che sa quello che mette nel piatto. La mia crescita è strettamente legata alla loro. Siamo una squadra”.
- Di quanta <squadra> ha bisogno la nostra terra per crescere e raccontarsi al meglio?
“Da solo non vai da nessuna parte. Occorre creare sinergie sempre nuove. Se fai rete ci puoi riuscire e per chi, come me, ha raggiunto quel pizzico di notorietà e visibilità mediatica è giusto rendersi ancora più utili. Lo faccio attraverso le associazioni di categoria a cui appartengo e con l’appoggio di amici e professionisti come Lillo Freni e Pasquale Caliri. L’obiettivo è quello di far emergere realtà minori e progetti importanti che però hanno poca visibilità. Piccoli produttori e grandi prodotti siciliani. Hai sentito parlare di <Diamo una mano al grano>?”.
- Parli dell’iniziativa promossa dall’apicoltore nebroideo?
“Proprio così. Giacomo Emanuele è l’ideatore di un progetto per riportare i grani antichi nella zona di Galati Mamertino. La semina di venti ettari con cinque varietà di grani siciliani: Perciasacchi, Senatore Cappelli, Bufala Nera, Maiorca e Russello. Al suo appello abbiamo subito risposto io, Lillo e Pasquale partecipando alla semina fianco a fianco con gli anziani del luogo. A luglio dello scorso anno c’è stata la grande festa della mietitura e, infine, i prodotti realizzati con le farine ricavate. Non ti dico l’emozione e la curiosità di vedere cosa ne veniva fuori.
- Come è andata?
“Con le farine nate dai grani di Galati Mamertino gli altri due ambasciatori hanno realizzato della pasta e dei biscotti. Io mi sono dedicato al pane. Ne è venuto fuori un pane straordinario. <Sembra quello che sfornava tua nonna>, ha ripetuto mia madre.
- Sapere antico, prodotti del territorio, studio e ricerca. E’ questa la strada per gusto e benessere?
“Guardare al futuro è fondamentale ma occorre farlo ricordandosi da dove si viene, con un occhio al passato”.
- Nonostante il successo e i riconoscimenti che continuano ad arrivare, l’atmosfera che si respira al panificio Masino Arena non è mai cambiata…
“Resta il piacere delle cose semplici, di uno scambio di battute, del racconto di una ricetta diversa, di una nuova proposta per un formato di pane. Quello che stiamo vivendo è un momento terribile e non sai quanta nostalgia ho di quell’atmosfera, di quei momenti di pausa per salutare un amico, condividere un biscotto ancora caldo. A volte penso che questo virus maledetto sia arrivato per farci capire di quanta roba inutile riempiamo le nostre vite e per ricordarci le cose importanti, il valore della condivisione, dello stare insieme…”.
- La Santa Pasqua è alle porte, cosa hai deciso di preparare?
“Vorrei realizzare un “abbraccio simbolico” tra Calabria e Sicilia. Una colomba pasquale che racconti lo Stretto di Messina coi canditi di bergamotto calabrese e arancia siciliana”.
- Sai che a volte, fino a poco tempo fa, avevo il piacere di incontrare tuo padre? Ci si incrociava al banco del bar o in panificio, quando passavo a prendere una pagnotta di Tumminia, la mia preferita, o magari un po’ della nostra focaccia tradizionale, quella con la tuma e le acciughe. Qual è la cosa che ti ha insegnato e che custodisci tra le più care?
“La caparbietà e l’umiltà. Due valori basilari per me oggi. E poi l’essere disposto a dare, ad aiutare. Mi ha insegnato a non mollare mai, a dare sempre il massimo. Sai che un <bravo> non me l’ha mai detto? Ma se capita che si parli di me su un giornale o arrivi un premio mio padre va a raccontarlo a chiunque. Lo vengo a sapere dagli altri. Mica da lui”.
- Lo so. Lo ha fatto anche con me…
Benedetta Manganaro
#iorestoacasa Francesco Arena vi insegna come fare a casa il pidone messinese nella versione senza lievito